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Immagine del redattoreBeatrice Terenzi

Siamo Educati a Vincere. Così oltre la metà della Popolazione è Tagliata Fuori dal Palcoscenico della Vita


Siamo educati a vincere. O meglio a provarci. Non solo nello sport. La performance premiata è sul lavoro, ma anche nelle relazioni sociali. Insomma nella vita di tutti i giorni. Chi vince è bravo. Chi perde meno.


Il metro di giudizio è nel traguardo. Chi taglia prima il nastro è meglio di tutti gli altri. Magari chi arriva secondo non è così male. Ma poco importa. Il problema è che non si ragiona sul percorso, ma solo sul finale.


Siamo abituati così. A gareggiare. Su tutti i fronti. Anche in amore. E il trofeo quale è? No, non funziona così. In una società sana è lungo la strada che si evidenziano i progressi, i successi e anche le cadute, le soste, le frenate.


Ma poi, se ci sono le condizioni sociali e civili, ci si può anche rialzare e riprendere a correre o anche solo a camminare. Le coppe possono essere per tutti. E non è detto che le si assegnano alla fine del circuito.


È necessario toglierci dalla testa che solo la competizione porta sorrisi, abbracci e pacche sulle spalle. Se così fosse oltre la metà della popolazione sarebbe fuori dal palcoscenico della vita. E in effetti è così. Per ritrovare il vero senso della vita, della convivenza, della partecipazione, della condivisione, sarebbe utile cambiare prospettiva. Altrimenti i più sono tagliati fuori. Emarginati. Considerati meno. In tutti i sensi.


E così sorgono le strutture, i muri, le separazioni. Soprattutto mentali. Basterebbe così poco. Non si chiede solo sensibilità, occorre anche azione. Le belle parole hanno fatto il loro tempo. È facile così.


Occorre costruire prima di tutto i rapporti, poi anche sviluppare i progetti, affinché prendano forma. Si parte dalle piccole cose, che poi non sono affatto piccole cose. Come la corsa degli speciali all’interno della ColleMar-athon. La vittoria più bella è stata vedere tante persone felici. Chi camminava, chi correva, chi passeggiava.


Non era una gara, non era un’Olimpiade, ma un momento per vivere insieme una sensazione adrenalinica. Stimoli nuovi, esperienze potenti. Ma soprattutto acquisire un’identità di visibilità, un ruolo e un peso sociale, insomma essere riconosciuti. La medaglia per tutti finale rappresenta un valore che spacca tutte le convenzioni, le norme, le abitudini di un mondo che va al contrario.

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