Torna periodicamente, anche sui social, il tema della consapevolezza e della capacità di valutare il proprio livello di competenza e conoscenza. Da quando, nel 1999 gli psicologi della Cornell University, David Dunning e Justin Kruger, hanno dato avvio ad una vera e propria ricerca con metodo scientifico, l’argomento ha anche un nome specifico: “Dunning-Kruger Effect”.
Ma la riflessione sul “sapere di (non) sapere” ha origini antiche e la considerazione la si ritrova espressa più volte nel corso dei secoli. Uno tra i più citati è Darwin, che ne L’origine dell’uomo, scrisse: “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”. Ma non mancano frasi a tema, diventate veri e propri aforismi e attribuite a Shakespeare, Russell, Platone, Socrate e addirittura al Faraone Akhenaton.
In sostanza il concetto è: perché gli ignoranti non sanno di esserlo? Sarà capitato anche a voi di notare che spesso le persone particolarmente incompetenti sono le meno consapevoli della loro ignoranza, mentre i più esperti sono invece insicuri e dubitano delle loro capacità?
La ricerca dimostrerebbe che effettivamente le persone meno esperte tendono a sopravvalutare le proprie abilità e questo principalmente per due ragioni:
non sono in grado di giudicare oggettivamente se stessi
non si rendono conto della superiorità delle abilità altrui.
Al contempo i più esperti, proprio perché conoscono l’ampiezza potenziale del loro campo d’azione, tendono a sottostimare il loro personale livello di capacità, finendo, a volte per soffrire di quella che altri scienziati hanno definito la “sindrome dell’impostore”, ovvero la convinzione di non meritare il successo personale ottenuto, spesso attribuito a fortuna o casualità.
Per chi fosse veramente interessato esistono numerose opportunità di approfondimento. Io voglio segnalarvi un efficace video di Marco Monty Montemagno, divertente ed arguto come sempre.
In un altro bel video animato della sezione Ed(ucational) di TED (marchio e canale divulgativo di video conferenze), proprio il prof. David Dunning, dopo aver argomentato in modo convincente ed esauriente, conclude citando un proverbio che non conoscevo ma che da oggi non potrò più dimenticare: “Quando discuti con un idiota per prima cosa accertati che l’altro non stia facendo la stessa cosa”.
A questo punto, la riflessione è: condividendo quanto sin qui esposto, a quale “categoria” si ammetterà in-consapevolmente di appartenere? Ovvero: se condivido perché penso di essere saggio, allora è chiaro che non lo sono. Ma se condivido perché penso di non essere abbastanza saggio, allora questo vuol dire che lo sono?