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Immagine del redattoreStefano Quadri

Napoleone



La decapitazione di Luigi XVI e della regina Maria Antonietta nel 1793 scatenò una reazione in tutta Europa, con le monarchie che dichiararono guerra alla Francia rivoluzionaria. Un’alleanza composta da Austria, Prussia, Regno di Sardegna (Piemonte), Stato Pontificio e Regno di Napoli si preparò ad affrontare la minaccia rivoluzionaria.


L’esercito francese decise di aprire un fronte in Italia per costringere l’Austria a spostare truppe. Il Direttorio affidò la spedizione a un giovane generale di 27 anni, Napoleone Bonaparte, che, nel marzo 1796, con 30.000 uomini sconfisse 60.000 tra austriaci e piemontesi e conquistò la Lombardia, trasformandola nella Repubblica Cisalpina e adottando il tricolore verde, bianco e rosso.


Prima di Napoleone, la penisola italiana era così divisa:

  1. Regno di Sardegna: Piemonte e Sardegna sotto i Savoia

  2. Lombardia: sotto l’Austria

  3. Repubblica di Venezia, indipendente

  4. Stato Pontificio: Romagna, Marche, Umbria e La zio sotto il Papa

  5. Granducato di Toscana

  6. Regno delle Due Sicilie


L’Austria aveva una forte influenza su questi staterelli e temeva che la rivoluzione francese, con i suoi ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, fosse una minaccia a questo suo potere.


Ma in Italia la borghesia, che aveva giocato un ruolo fondamentale nella rivoluzione, era ridotta ai minimi termini, perché la borghesia rinascimentale era stata decimata dai regimi spagnoli e dalla Controriforma, che avevano restaurato strutture sociali di stampo feudale.


Nel 1797 Austria e Francia firmarono il Trattato di Campoformio per cui Venezia fu annessa all’Austria e la Lombardia divenne la Repubblica Cisalpina sotto controllo francese. L’ultimo doge, Ludovico Manin, morì di crepacuore vedendo le truppe austriache entrare in città.


Il Direttorio francese aveva inviato, insieme a Napoleone, un commissario politico di nome Cristoforo Saliceti, il quale, considerando la penisola come una nazione da liberare e unificare, aveva stretto numerosi contatti con rivoluzionari italiani, molti dei quali si erano rifugiati a Nizza per sfuggire alla repressione dei governi piemontese e napoletano. Questi esuli avevano fondato il “Monitore Italiano”, un giornale che diffondeva idee rivoluzionarie e patriottiche.


Ma Napoleone e il governo di Parigi, che considera vano l’Italia come una terra da depredare, dettero inizio ad un gigantesco saccheggio di opere d’arte. Chiese, musei, pinacoteche e collezioni private furono svuotate dei loro capolavori.


I convogli carichi di tesori italiani diretti in Francia si facevano sempre più numerosi, suscitando la collera della popolazione locale. Alla fine Napoleone dovette frenare questa rapina entrando in conflitto con il Direttorio che voleva continuare a razziare.


Nel suo primo rapporto al Direttorio Napoleone scrisse: “Il popolo è fiacco. Da quando siamo entrati in Italia, non c’è stato alcun movimento in favore della libertà”. Questa era la realtà di un Paese in cui le idee rivoluzionarie faticavano ad attecchire per la mancanza di una borghesia forte e per l’opposizione delle classi dominanti e della Chiesa. (continua)

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