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Le Origini I nostri Avi Fondatori


 LA STELE DI NOVILARA - IMMAGINE TRATTA DAL SITO: OLIVERIANA.PU.IT
 LA STELE DI NOVILARA - IMMAGINE TRATTA DAL SITO: OLIVERIANA.PU.IT

Chi si trova a passeggiare per via delle Galigarie*, nel cuore della città, all’altezza del cortile della scuola “Don Gaudiano”, può osservare alcuni resti di scavi archeologici. È tutto ciò che rimane di due edifici a pianta rettangolare (tipologia capanne) abbandonati a causa di un incendio e databili tra la fine del VI sec. a.C. e gli inizi del IV. Appartenevano ad un piccolo abita to sviluppatosi su una altura del terreno (ancora riconoscibile in quanto la zona presenta tuttora dislivelli di versi) e quindi in posizione strategica perché difensiva.


Tale altura però, data la notevole differenza morfologica con l’oggi, si trovava allora a ridosso del fiume Foglia e vicino alla sua foce (che era a delta e piena di ristagni e lagune) e aveva a sud, come limite, il torrente Genica. Il mare non era lontano perché lambiva la costa all’altezza dell’attuale Viale della Vittoria.


L’agglomerato abitativo costituiva quindi, molto probabilmente, anche per la somiglianza dei reperti ritrovati, un avamposto sul mare degli abitanti delle colline a sud/ovest (l’attuale Novilara dove, a partire dalla seconda metà dell’800, sono affiorate due importanti necropoli (cimiteri) con circa 450 tombe maschili e femminili con i loro corredi funebri **).


Questi abitanti si chiamavano Piceni ***. Essi erano, insieme agli Umbri e ai Galli, uno dei gruppi etnici che vivevano nelle Marche settentrionali prima dell’arrivo dei Romani. In particolare tutta la valle del Foglia rappresentava per queste popolazioni un territorio particolarmente propizio non solo per la presenza di acqua, ma, soprattutto, per la vicinanza al mare e all’approdo presso la foce del fiume. La zona era dunque un crocevia di culture e di scambi commerciali. Ne sono testimonianza i frammenti di ceramica rinvenuti tra i resti delle capanne di via Galigarie: pezzi di vasellame prodotto con impasto locale frammisto a manufatti di origine greca.


D’altronde che i Piceni fossero un popolo “marinaro” è ben testimoniato da quella che è considerata uno dei reperti più importanti delle campagne di scavi effettuate nella nostra zona: la cosiddetta “stele di Novilara” o “stele della battaglia navale (naumachia)”, rinvenuta nel 1866 in circostanze sconosciute sulla collina di San Nicola in Valmanente, tra Pesaro e Novilara e custodita al Museo Oliveriano di Pesaro.


Si tratta di un blocco di arenaria, del VII-VI sec. a. C., sul quale sono state tracciate delle linee graffite che nell’insieme raccontano per immagini una serie di fatti svoltesi lungo un dato periodo. È quindi una sorta di novella epigrafica (stele figurata) formata da sette storie intrecciate tra loro. Per quanto incompleta ci permette tuttavia di ipotizzare che, facendo parte di un monumento funebre, dovesse probabilmente narrare le gesta del defunto e le circostanze della sua morte.


I “disegni” più importanti, incorniciati da altri più piccoli di natura antropomorfa ma di difficile decifrazione, ritraggono nella parte alta una grande nave con una bella vela quadrata spiegata al vento e, ben visibili, 15 rematori in azione, con la schiena rivolta alla prua, perfettamente allineati e incurvati sotto lo sforzo. I remi così come le acque sottostanti l’imbarcazione sono tracciati in maniera tale da suggerire l’avanzare del natante. A poppa accanto ad un grosso timone troviamo il nocchiero che scandisce il ritmo della voga. La forma slanciata della nave e una sorta di “rostro” nella parte anteriore della carena ci fa pensare ad una certa capacità nella ingegneria nautica, mentre il serpente che decora la prua ci richiama alla mente il bagaglio culturale del popolo piceno.


Nella parte bassa il racconto diventa più drammatico perché la scena è quella di una battaglia navale vera e propria: a scontrarsi violentemente di prua, sempre su acque in movimento, sono due imbarcazioni più piccole con a bordo un numero simbolico di personaggi che appaiono essere dei guerrieri in quanto muniti di lunghe lance (o bastoni). La posizione delle armi e il fatto che un paio di uomini sembrano essere già caduti o stare per cadere rende la scena particolarmente realistica.


Nelle steli conservate presso gli altri Musei possiamo invece ammirare scene di lotte e cacce, combattimenti tra uomini e in quattro di esse lunghe iscrizioni in lingua “nord-picena” con andamento sinistrorso, cioè da destra verso sinistra, e alfabeto derivato da quello etrusco.


I tesori della cultura picena (appartenenti all’apice della cosiddetta “Età del Ferro”) rinvenuti nelle necropoli di Novilara e custoditi nel Museo Oliveriano comprendono pezzi assai interessanti e altamente significativi del notevole li vello artistico-manufatturiero raggiunto da quel popolo. Come per esempio, in ferro, un elmo a forma troncoconica quasi intatto e, in osso e pasta vitrea, molti eleganti elementi per collane.


I vasi in bronzo riccamente decorati con piccole statuine raffiguranti uomini, animali e piante sono invece attribuibili a maestranze della Magna Grecia e testimoniano perciò la vivacità e la ricchezza degli scambi commerciali intercorrenti con le altre popolazioni che si affacciavano sull’Adriatico. Agli inizi del IV sec. a. C., come spesso accade nella Storia, un altro popolo arriva ad occupare le terre marchigiane comprese tra il fiume Esino a Sud e una linea tra Rimini e Forlì a Nord: i Galli Senoni. Per i Piceni inizia un lento, ma inesorabile declino.


Continua...



*LA VIA DEVE IL SUO NOME AL FATTO CHE DURANTE IL MEDIOEVO SI CONCENTRAVANO QUI LE BOTTEGHE DEI CALZOLAI (I “CALIGARII” COSÌ CHIAMATI DAL TIPO DI SCARPA CHE PRODUCEVANO LE “CALIGA”)

** I REPERTI SONO CONSERVATI NEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLE MARCHE DI ANCO NA, NEL MUSEO PIGORINI DI ROMA E NEL MUSEO OLIVERIANO DI PESARO

*** IL NOME PICENI DERIVA DAL TERMINE ROMANO “PICUS” ( PICCHIO) IN QUANTO SECONDO L’AU TORE PLINIO IL VECCHIO, ESSI GIUNSERO NELLE NOSTRE ZONE DALLA SABINA SOTTO LA GUIDA DI UN PICCHIO CHE AVEVA INDICATO LORO IL CAMMINO. RITENUTO SACRO DALLE POPOLAZIONI DI ALLORA, ANCORA OGGI IL PICCHIO FA PARTE DELLA TRADIZIONE MARCHIGIANA TANTO DA ESSERE STILIZZATO NEL SIMBOLO DELLA REGIONE MARCHE.

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