Le testimonianze colpiscono molto più delle celebrazioni e molto più delle celebrazioni possono lasciare un segno veramente indelebile.
Per la Giornata della memoria di questo 2024 ,tanto martoriato dal Male, ovunque nel mondo, ha fatto bene ai cuori indifferenti leggere anche solo alcuni brani tratti da una memoria vera: “La bambina sotto il tavolo”,storia tutta al femminile di resistenza e solidarietà.
Durante la Seconda guerra mondiale Monika era una bambina polacca di cinque anni di religione ebraica. A proteggerla dal destino tragico di moltissimi suoi coetanei fu una rete di donne coraggiose, madri, zie, figlie, che lo fecero nascondendola (come nelle favole) sotto un tavolo.
«Fui mandata di nascosto nella stanza di zia Krysia. Mi spiegarono che c’era un mostro nell’appartamento, un vero tedesco, che mangiava le bambine. Zia Krysia coprì il tavolo con un drappo, e io me ne stavo di sotto nel totale silenzio e non mi muovevo, quando lei andava a lavorare. Avevo un vasino da notte, che lei svuotava verso sera, portandomi del cibo caldo e una piccola bacinella d’acqua, con la quale ci lavavamo assieme. Quando al mattino la zia lasciava la casa, io scivolavo sotto il tavolo e non mi muovevo finché non tornava. Avevo un paio di libri illustrati, due poltrone giocattolo, un piccolo tavolo in legno, pitturato di arancione, e una bambola di stoffa.
Alla sera zia Krysia mi dava due caramelle dolci e deliziose che si scioglievano in bocca (…) Vivemmo così per alcuni mesi. Si stava bene sotto il tavolo e non avevo paura. In breve il silenzio divenne la norma. Io non sentivo il mondo esterno, e nessuno poteva vedere o sentire me. (…) Diventavo molto aggressiva, se si trattava di difendere il mio piccolo regno. (…)
(I rumori) non mi impressionavano affatto. Era come se nulla mi potesse raggiungere quando stavo sotto il tavolo: era come se avessi smesso di esistere».
Monika vive così, silenziosamente resiliente, come sotto ad una tenda che lei, con la fantasia magica dei bambini, trasforma in un personale castello da principessa. Nascondersi agli occhi del mondo per salvare se stessi è, in questa storia, un gioco come quello che, nei tempi sereni, si faceva davvero per gioco: nascondino.
Come in un macabro incastro di specchi “far finta di” diventa, inconsapevolmente, la metafora di un intero popolo. La favola entra con prepotente realtà nella vita di questa bambina e il Male viene beffato con la leggerezza del divertimento.
Quel Male che, quasi per uno strano caso dell’ironia, le favole presentano sempre ai bambini con copiosità e dovizia di particolari. Lì, nelle favole, il Male piace, diverte, perché è funzionale alla storia, è fondamentale.
Senza il Male, l’Eroe cioè il Bene, non può vincere. Senza il Male il Bene è privo di carisma.
E così i bambini prendono confidenza con una lunga serie di personaggi e azioni negative: nella favola originale di Cappuccetto Rosso c’è una descrizione accurata di come il lupo viene ucciso e squartato, in Biancaneve la Regina matrigna ordina al “fidato” cacciatore di uccidere l’orfanella perché molto più bella di lei, Hansel e Gretel o Pollicino vengono abbandonati dai genitori e rischiano di venir mangiati da orchesse e orchi giganteschi, Pinocchio, da pezzo di legno diventa un bambino, ma passando per mille peripezie e inanellando tutti i lati negativi degli uomini, dalla furbizia negativa della Volpe ladra, allo sfruttamento minorile di Mangiafuoco, al rendere in schiavitù gli asinelli – bambini che giocano a biliardo e fumano sigari…
E così via come viene ampiamente analizzato in due dei più importanti studi dedicati alla favola : “Il mondo incantato” di Bruno Bettelheim, superstite dell’Olocausto, e “Morfologia della fiaba” di Vladimir Propp.
Che i protagonisti siano uomini, personaggi fantastici o animali poco importa, il genere narrativo fiaba/favola, che nasce come racconto per adulti, ha lo scopo di “raccontare la realtà” e quindi di prepararci/attrezzarci ad essa. E la realtà contempla il male.
Ben lo sapevano già gli antichi greci che mettevano in scena, sulla ribalta, nelle loro rappresentazioni teatrali i Tabù, ovvero l’indicibile, affinchè potesse avvenire la “catarsi”.
Ovvero come ci spiega Aristotele, sia nel “Fedone” che nel “Sofista”, la purificazione degli istinti e delle passioni attraverso la partecipazione simbolica all’azione del Male.
Monika, vivendo il Male dentro una favola, non solo salva la sé stessa fisica, salva, soprattutto, la sé stessa interiore per sempre.