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Immagine del redattoreBeatrice Terenzi

La Chiesa resti a Curare le Anime, lo Stato invece pensi a Curare i Cittadini

Il Vaticano è senza dubbio la più vasta e potente organizzazione privata che sia mai esistita. Ha, per certi aspetti, il carattere di uno Stato, ed è riconosciuto come tale da un certo numero di governi». Antonio Gramsci nel 1931 scriveva questo. Siamo nel 2023 e poco è cambiato.


Stato e Chiesa non riescono a rimanere due realtà separate. L’una entra negli «affari» dell’altra. Da questa non divisione di ruoli, nasce anche nel suo «piccolo» il caso dell’Arcivescovo di Pesaro e Urbino.


Tutti hanno parlato, scritto, approvato o criticato. Da una parte questo grande interesse è da considerare un bel segnale che dimostra come la gente partecipa alla vita comune, quando ritiene che possa inficiare nel suo privato o forse è meglio dire nel suo aspetto spirituale.


L’errore però nasce dall’esigenza di dover rientrare in un quadro già preesistente. La novità non significa declino. Uno o due figure per uno stesso territorio alla fine dei conti può non essere un limite. Il limite può diventare se poi l’operato non soddisfa le esigenze di tutti.


L’importante è però che ognuno rimanga nei suoi confini. Lo Stato è laico, la Chiesa no. E viceversa. Una considerazione che pare scontata. Ma analizzando i fatti non lo è affatto. Passato e presente ne sono l’emblema. «Lasciali lavorare», di solito si dice così.


A volte non c’è neppure alternativa. Ma si può scegliere, quello sì. Decidere di operare per il bene comune. Un obiettivo che accomuna Stato e Chiesa. In questa terra di mezzo, dove il confine è labile, è giusto incontrarsi, ognuno con le sue competenze, arricchendosi e arricchendo.


Sembra facile, ma non lo è. Don Sandro Salvucci avrà una doppia responsabilità, anzi di più. Perché dovrà dimostrare di essere all’altezza. Si parte da qui. Ma anche dal suo relazionarsi anche con le istituzioni. Relazioni sì, ma non sovrapposizioni. La Chiesa resti a curare le anime, lo Stato invece pensi a curare i cittadini. Alla fine il traguardo da raggiungere è lo stesso, ma con mezzi e strumenti diversi.

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