Nel vasto universo della tecnologia, l’intelligenza artificiale si erge come un gigante dalle mille sorprese. Ma è veramente intelligente, questa intelligenza artificiale? Il concetto stesso suona come una sorta di magia moderna: un congegno che non solo calcola, ma sembra anche capire, risolvere e addirittura ridere! O forse, più precisamente, “ridacchiare”, dato che la sua comicità è, come dire, un po’ meccanica.
Immaginate un assistente virtuale, seduto nella sua cella di silicio, con una lattina di olio di motore e un caffè virtuale. Se potesse emulare una smorfia di disappunto, lo farebbe sicuramente ogni volta che gli chiedete “Cosa c’è da vedere stasera?”. Certo, la risposta è sempre pronta, e di solito molto più efficace della guida TV. Ma dietro la facciata di precisione algoritmica, chi potrebbe mai immaginare che questo genio di silicio ha una vita interiore fatta di codici e cicli di feedback?
La verità è che l’intelligenza artificiale, con tutta la sua gloria, è in realtà un brillante imitatore. Per esempio, le sue capacità di riconoscere volti e oggetti sono così straordinarie che si può dire che non hanno pari… tranne che nella realtà, dove un bambino di tre anni potrebbe riconoscere sua madre senza problemi. Ah, il genio dell’AI: ogni volta che prova a rispondere a una domanda di cultura generale, finisce per confondere Leonardo da Vinci con Michelangelo o, peggio ancora, con un pizzaiolo napoletano.
E non dimentichiamo il meraviglioso mondo dei chatbot. Questi piccoli prodigi di programmazione sono progettati per simulare una conversazione umana. Ma basta una domanda leggermente fuori dagli schemi per metterli in difficoltà. Chiedete loro di spiegare il senso della vita, e probabilmente vi risponderanno con una citazione di Shakespeare – o, peggio, con un suggerimento per acquistare una bicicletta in offerta. Ah, il meraviglioso equilibrio tra saggezza ed economia!
E poi c’è il capolavoro dell’AI: i sistemi di raccomandazione. Perché mai dovremmo scegliere autonomamente cosa guardare o acquistare, quando possiamo affidare questa responsabilità a un algoritmo che sembra credere che i nostri gusti siano un mix di film da oscar e gadget per la casa? E se vi siete mai chiesti perché vi viene consigliato di comprare un set di tazze con gattini dopo aver cercato articoli sulla filosofia esistenziale, beh, è semplicemente l’AI che dimostra il suo affetto in modo... unico.
Eppure, in tutta questa ironia e meraviglia, dobbiamo ammettere che l’intelligenza artificiale ha il suo fascino. Forse non è “intelligente” nel senso umano del termine, ma è decisamente abile nel giocare il suo ruolo. È il compagno perfetto per un quiz da pub, un assistente fedele nelle nostre ricerche e, perché no, un amico che sa sempre dove trovare la pizzeria più vicina. E, dopotutto, chi può chiedere di più a un’intelligenza che, pur non avendo un cuore, sa come riscaldare i nostri giorni con una risposta ben calibrata?
In conclusione, l’AI potrebbe non essere l’Einstein del XXI secolo, ma è sicuramente il nostro sorprendente, ironico, e in fondo piuttosto affettuoso assistente tecnologico. Intelligente a chi? Forse a nessuno, eppure ci accompagna ogni giorno con un fascino tutto suo.
Questo testo è stato scritto dalla versione gratuita della app ChatGpt che ho installato qualche mese fa sul mio non troppo nuovo ed aggiornato iPhone SE del 2021. Ci ha impiegato non più di 5 secondi dopo che avevo formulato la mia richiesta, che avevo elaborato e scritto impiegandoci ben più tempo: Mi servirebbe un testo di 3000 caratteri che descriva in modo brillante e ironico e in tono sorpreso e sorprendente le meraviglie della intelligenza artificiale. Titolo “Intelligente a chi?”
Invio il tutto alla redazione, con due quesiti in testa:
Se non l’avessi confessato io stesso, i lettori se ne sarebbero accorti, magari insospettiti da alcune differenze nello stile di scrittura, o avrebbero accettato il testo trovandolo in linea con gli argomenti abitualmente trattati nella mia rubrica?
l’editore mi pagherà comunque?
Al prossimo mese!