Nel secolo XVI le nuove dottrine di Calvino arrivarono anche in Italia, ma vennero severamente represse dall’Inquisizione che bruciò sul rogo chi non riuscì a scappare.
L’Italia, che era stato un soggetto storico e politico di fama internazionale, in pochi decenni scompare dalla scena internazionale e ritorna alla società medievale, con il suo vertice di aristocratici e prelati.
L’italiano non si ribella perché la Chiesa e la Spagna, negandogli la qualità di cittadino, lo inchiodano a quella di suddito. Tutti i ceti intermedi si dissolvono e diventano plebe, la quale, non contando nulla, si difende solo con sterili reazioni di violenza di piazza oppure si dà alla macchia come brigante.
Gli effetti sulla cultura sono immediati. Nessuno dei due poteri ha interesse a che essa si diffonda, perché l’analfabeta è facile da governare. Quindi: niente scuole. E questo impedisce la formazione di un mercato culturale.
Lo scrittore italiano non scrive pensando al “pubblico” che, in quanto analfabeta, non compra libri, ma al “potente”, perché questo è il suo unico cliente, e quindi deve assecondarne gli interessi, diventando così complice del sistema di potere.
Mentre gli intellettuali protestanti hanno la loro clientela nel pubblico alfabetizzato, diventandone una guida e un’avanguardia; i loro colleghi italiani diventano sempre più parassiti e cortigiani.
Essi schivano tutti i grandi problemi politici, sociali e spirituali, perché in ognuno di essi l’autorità costituita avverte aria di sovversione e si chiudono in circoli, in cui si parla solo tra soci, come le Accademie, perdendo ogni contatto con la realtà.
L’Italia del Seicento, in pochi decenni, retrocesse dal primo all’ultimo posto d’Europa. Lutero si era ribellato a Roma. E oggi, a distanza di cinque secoli, riflettendo sulla corruzione dell’Alto Clero in quel periodo possiamo dire che seppe interpretare perfettamente il desiderio delle popolazioni centro-nord europee di costituirsi in Stati. E, attraverso essi di avere una sovranità politica non più condizionata e sottomessa alla Chiesa.
Molti alti prelati erano profondamente convinti che Lutero avesse detto tante verità sul malcostume del Clero; però, invece di esprimersi, non seppero fare altro che chiudere il dialogo, senza fare alcuna concessione.
Forse non potevano fare altrimenti, perché c’è un’incompatibilità di fondo: mentre il credo cattolico si basa sull’autorità del prete e sul suo diritto a porsi come unico interprete del dogma; il credo protestante attribuisce al credente laico la facoltà di un dialogo diretto con Dio e il diritto di interpretarne la volontà, secondo la propria coscienza, togliendone il monopolio alla Chiesa.
Quest’ultima, di conseguenza, dovette seguitare a percorrere la strada della persecuzione e della repressione, perché riteneva che la sua autorità fosse infallibile, che essa sola poteva interpretare la Bibbia, il cui unico testo valido era la “Vulgata di Girolamo” in latino.
(continua)