Cerchiamo di riassumere quali conseguenze ha determinato, sul piano culturale, la Controriforma; perché è dentro il suo impianto che si trova l’origine di tutte le malformazioni che tuttora affliggono il nostro Paese.
La Controriforma fu la restaurazione della verità rivelata dall’alto, cioè dalla Chiesa, la quale non ammetteva che il fedele si potesse avvicinare alle Sacre Scritture. Solo il prete poteva leggerle, e il fedele doveva sottostare alla sua interpretazione.
Ne derivò un ferreo controllo sull’istruzione, alla quale venivano avviati solo il personale di Chiesa e quello strettamente necessario all’esercizio del potere politico, intimamente legato alla Chiesa.
Si formarono così i circuiti chiusi della cultura, che non aveva contatti con il pubblico, perché il pubblico non c’era. C’era soltanto il “gregge”, con cui non si poteva stabilire un colloquio, perché analfabeta, tenuto ai margini della vita politica e pronto a subire qualsiasi sopraffazione.
Gli scrittori, non trovando lettori in questa massa amorfa, la ignoravano e ne erano a sua volta ignorati. “Così ebbe inizio il più catastrofico di tutti i fenomeni, di cui ancora oggi si pagano le conseguenze: il divorzio della Cultura dalla Società”. L’intellettuale, non avendo una clientela in grado di leggere i suoi libri, finiva nelle mani del potente, che gli forniva i mezzi per scrivere e pubblicare i libri. Inoltre, potendo rivolgersi solo ai suoi pari, in quell’oceano di analfabetismo, ecco perché nacquero i salotti e le accademie.
“A favorire l’Accademia c’è la solitudine degli intellettuali che, non avendo un pubblico, non possono che parlarsi tra loro. Questo è un vizio che ancora oggi fanno dell’Italia una delle culture più alienate d’Europa, cioè tra le più incomunicabili, astratte, ermetiche e avulse dalla società e dai suoi problemi.
Mentre in Francia si scrive il francese di Voltaire e Diderot e in Inghilterra l’inglese di Swift e di Hume, unicamente desiderosi di conquistare il cuore e il cervello del pubblico, e quindi schietti, immediati e senza fronzoli, in Italia si scrive l’italiano degli Arcadi, accademico, latineggiante, rancido di piaggerie, perché sempre rivolto al potente e quindi convenzionalmente retorico: un italiano bizantino fatto per dibattere problemi bizantini, che non hanno nulla a che fare con quelli che interessano la Società”.
Al di là delle Alpi, oramai, spirava un vento nuovo, il vento di una cultura chiamata “Illuminismo”, impegnata e dedita a risolvere i problemi reali della società: quelli della rappresentanza politica, delle riforme amministrative, dell’economia, della finanza, delle leggi penali e civili, dell’ordinamento giudiziario.
L’eco dell’Illuminismo in Italia fu debole, perché la nostra cultura seguitava a correre dietro alle “fanciullaggini” dell’Arcadia. Nel Settecento, l’unico poeta di fama internazionale italiano fu il Metastasio. All’epoca l’ignoranza originava dall’analfabetismo; oggi origina dalla presunzione di chi, essendo diplomato o addirittura laureato, non sa di saperne meno di un analfabeta. Ci risulta che la scuola italiana è fanalino di coda in Europa.