QUANDO LA FILOSOFIA È “VICINO” A NOI

C’è stato un tempo, non lontano, in cui sembrava che per la filosofia occuparsi di questioni “apparentemente” troppo semplici fosse o una provocazione o un tentativo di fare divulgazione e rendersi più attraente per un pubblico cosiddetto pop, composto cioè da non specialisti.
I filosofi seri quindi rimanevano lontani da certi temi. In realtà il dibattito se la filosofia debba o possa occuparsi anche di questioni non classiche e lo debba o possa fare con un linguaggio meno tecnico è ancora molto aperto. La vera sfida sta nel mezzo: riuscire ad analizzare problemi più concreti utilizzando un linguaggio più elevato rispetto al rumore di fondo del parlare dell’oggi.
Su questa strada si sono indirizzati e si stanno indirizzando tutti quegli autori che, da tempo, si occupano di avvicinare la riflessione filosofica alla vita quotidiana delle persone.
La scelta del tema non è un mero espediente per allargare la platea dei lettori ai profani e non si tratta quindi di appiattire il discorso sulla sola dimensione divulgativa. Al contrario, si tratta di riflettere a più ampio raggio. Prendiamo per esempio la “Filosofia delle cose concrete”, l’analisi cioè dell’importanza degli oggetti quotidiani e il ruolo da essi assunto nelle nostre vite. Cosa ci comunicano e come si situano nella nostra vita? Quale rapporto abbiamo con gli oggetti che ci accompagnano nel nostro cammino? Esso è solo di natura conoscitiva, estetica, economica o c’è dell’altro?
Sembra una questione di poco conto, un fatto del quale possiamo benissimo disinteressarci, dato che i problemi vitali sono altri. Ma, se ci fermiamo a riflettere un po’, scopriremo che non è così. Nelle società occidentali viviamo letteralmente sommersi dagli oggetti. La filosofia però per indicarli usa l’espressione “cose concrete” e questo perché il termine “cosa” appartiene da sempre alla riflessione critica. Gli oggetti, cose concrete, sono, come ci ricorda il filosofo Remo Bodei, tutto ciò che di tangibile ci troviamo davanti nel mondo.
Per gli artigiani, gli artisti e gli intellettuali il rapporto con la materia è strettissimo: essi la plasmano e le danno vita e nel far questo è come se vivessero in simbiosi con essa. Uno scultore è presente dentro l’opera che ha realizzato, un fabbro è presente dentro l’oggetto che ha forgiato, uno scrittore è presente dentro il libro che ha scritto e cosi via.
Ma c’è un altro tipo di rapporto con gli oggetti, quello non legato alla trasformazione della materia.
Ecco qui arrivare la “Filosofia delle cose concrete” e autori come Georg Simmel e Gilbert Simondon che ne analizzano gli aspetti etici, simbolici e metaforici.
Il nostro caricare di significato un oggetto al di là della sua mera funzione ce lo rende talmente vicino da farce lo sembrare parte di noi. E così capita che non riusciamo a staccarcene anche se è diventato vecchio, inutilizzabile, ingombrante, perfino brutto.
Perché gli oggetti hanno la capacità di incarnare desideri, ideali, sogni e aspettative di coloro che li comprano o li possiedono o li cedono. Tutte le “cose” che a Natale abbiamo trasformato in regali, donati o ricevuti, non erano solo materia, erano “noi per gli altri” o “gli altri per noi”.