La comunità. Che bella parola. Abusata, ribaltata, stropicciata. Eppure è così semplice, talmente semplice che non avrebbe bisogno di altro. Invece per molti è una chimera, anzi peggio, non considerata. Nella scala di valori non è al primo posto e neppure vicino al podio. Nelle società moderne è un concetto che non rientra nella vita quotidiana.
È come se il senso di comunità appartenesse al passato, a qualcosa lontano da noi che non ci appartiene più o comunque non ci interessa più. Strano, assurdo. Perché la famiglia è comunità, la scuola è comunità, lo sport è comunità, il lavoro è comunità. O almeno dovrebbero essere.
Cosa scatta per spezzare questa direzione naturale del processo sociale?
Il singolo. I desideri dell’individuo. Una contraddizione in termini insomma. Perché proprio le persone compongono la comunità. Nei tempi moderni è entrato in gioco il desiderio egoistico in tutte le sue forme che ha annullato e distorto il senso puro e vero della comunità come movimento che aspira al bene comune.
Finché si abita in una foresta dove l’aspirazione più grande è cercare cibo e difendersi dalle insidie della natura, la comunità esiste e resiste. Certamente c’è una gerarchia che apparecchia i vari ruoli a seconda dell’età e delle attitudini personali. Ma la divisione si ferma lì.
Nel momento che un nucleo umano interagisce con stimoli diversi dalla mera sopravvivenza, la musica cambia. Ecco perché a spaccare l’armonia della comunità è l’intervento dell’appagamento individuale che proprio perché riguarda il singolo non può più rimanere all’interno della democrazia del gruppo.
Nel regno animale questa caratteristica o non c’è o è condizionata dalla vita mia morte tua. Nella società attuale, anche se il senso è lo stesso, lo sviluppo è nettamente diverso perché riguarda la conquista del potere. Non si tratta di lottare per non morire di fame, si tratta di desiderare qualcosa che va oltre.
Le comunità in questo mondo impazzito cercano di ricavarsi un loro spazio, scalciando, urlando, combattendo, ma restano comunque ai margini del sistema. Sono eroi in quanto tali rari. Le associazioni, le fondazioni, piccole e grandi realtà che provano a non farsi calpestare. Non è facile. Il riconoscimento civico latita. Ma sono fiammelle nella galleria della vita. È necessario tenerle attive, crederci, non arrendersi. Le comunità ci sono, bisogna però proteggerle nelle riserve del buon senso e della coscienza.